Padova – 9 settembre 2019 – Elisa, 28 anni, alla fine è stata uccisa. Dal suo amico, la persona di cui lei si fidava e con cui condivideva il suo tempo libero.

Una donna ha una probabilità maggiore di essere uccisa da un uomo che conosce, che non morire di malattia.

Secondo l’OMS la più alta causa di morte per le donne è proprio essere uccise da un uomo.

Nonostante ciò, continuiamo a morire e a prenderci le colpe della nostra morte.
Stavolta la colpa di Elisa è stata di non aver corrisposto l’amore di un ‘gigante buono’, un’altra volta Luana non aveva lavato la divisa di calcetto, Zineb non aveva cucinato la cena, Maria se n’era andata di casa, Antonia aveva un altro uomo, Simona era troppo socievole e intelligente, Carmela aveva chiesto la separazione, Angela era malata di Alzheimer

Queste sono le parole che troviamo sempre nei quotidiani sia nazionali sia locali quando si parla di femminicidio, ma anche quando si parla di episodi di maltrattamenti in famiglia.

Da sempre gridiamo a gran voce che questa narrazione non rappresenta la realtà della violenza, che si consuma in un contesto culturale e sociale dove la donna è in una posizione subordinata rispetto all’uomo sia dentro sia fuori la famiglia, e dove l’unico responsabile è l’uomo violento. Ma soprattutto, questo tipo di narrazione, contribuisce a rafforzare una cultura fondata sul patriarcato e sul potere indiscusso del maschio. Potere di decidere se una donna può vivere o deve morire.

Da ieri, dopo i soliti articoli che non solo colpevolizzano Elisa, ma si alleano con l’assassino, tantissime voci si sono alzate per dire basta, per dire che non ne possiamo più di questa narrazione distorta. Voci del mondo della comunicazione, moltissime giornaliste e giornalisti, attiviste e attivisti, e tanti altri.

Per noi questo è un segnale positivo, significa che le campagne di comunicazione, le formazioni specifiche al mondo della comunicazione, e la voce dei centri antiviolenza e delle migliaia di donne che rappresentano finalmente cominciano a trovare significato.

Qualcosa sta cambiando, ci vogliamo credere!


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